L’installazione Suggrundaria evoca le sepolture infantili realizzate nella Roma antica, quando si disponevano i piccoli corpi dentro le grondaie annesse alle abitazioni. Un culto arcaico che oggi rivela abitudini pagane e mitologie sociali, a conferma di quanta complessità ruoti da sempre attorno all’elaborazione del lutto. Manciocco, qui e nelle altre opere, plasma un denso immaginario antropologico, agendo come un archeologo che intuisce archetipi visivi dentro culture popolari. Un tema scottante, l’infanzia, si declina così in maniera drammaturgica e universale, riunendo passato e presente nella coscienza del simbolo, ultimo avamposto per riflettere sulla vita con prosa solenne e immagini persistenti.
I materiali appaiono freddi e metallici: grondaia e bambolotti si amalgamano nella tensione industriale di acciaio e alluminio; il monocromo delle leghe dialoga con le luci del museo; lo stesso bianco del muro partecipa al contenuto emotivo dell’opera, lasciandosi fendere da una saetta narrativa che “taglia” l’intonaco. Il risultato esalta la sacralità liturgica del materiale - il più vicino al minimalismo storico -, quel freddo metallo che qui si presenta in veste espressiva, al punto da plasmarsi con abiti simbolici che fanno vibrare il suo spirito nascosto. Metallo e geometria sembrano attratti dal magnetismo dei sensi, trovano un’empatia che smuove il vincolo minimalista verso una visione plurale e allegorica. Vince la sinuosità delle forme quotidiane, riconoscibili e attraenti. Una rinata coscienza metallica che assorbe le luci circostanti e la natura epidermica del presente, aggiungendo processi narrativi che animano la biologia progettuale.

 

Suggrundaria (2014) Acciaio e alluminio.